PER RECEDERE DAL CONTRATTO DI LOCAZIONE POTREBBE NON BASTARE TRASFERIRSI IN UN’ALTRA CITTA’ PER LAVORO

Nei contratti di locazione ad uso abitativo, l’art. 3, comma 6 della L. 431/98, stabilisce che il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

Qualora, tuttavia, si decidesse di cambiare città per motivi di lavoro e la città di destinazione non fosse distante da quella in cui si trova l’immobile locato, non c’è motivo di ritenere sussistente la gravità che giustifica il recesso unilaterale del conduttore: è il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 6553 del 5 Aprile 2016, che ha rigettato il ricorso del conduttore che contestava di dover versare al proprietario dell’immobile i canoni di locazione da quest’ultimo pretesi, ritenendo di aver regolarmente esercitato il diritto di recesso.

In tema di recesso del conduttore, sia per le locazioni abitative che per le non abitative, le ragioni che consentono all’inquilino di liberarsi dal vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione.

La gravosità della prosecuzione deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, con la precisazione che, rispetto alle locazioni abitative, la gravosità della prosecuzione va valutata non (solo) sotto il profilo economico (come nel caso dell’attività aziendale svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso), ma anche tenendo conto delle esigenze di vita del conduttore medesimo.

Tra queste esigenze, indubbiamente, riveste un ruolo fondamentale il trasferimento in altra sede per motivi di lavoro: tuttavia, in tale ipotesi occorre tenere conto di tutte le caratteristiche del singolo caso, tra le quali assumono particolare rilievo le qualità soggettive del conduttore.

Ebbene, come nel caso esaminato dalla Suprema Corte nella sentenza sopra richiamata, laddove la nuova sede lavorativa del conduttore venga da questi scelta volontariamente e non già per un’occasione improvvisa e non preventivabile, e la distanza chilometrica tra il comune di ubicazione della casa e quello del nuovo lavoro del conduttore non sia tale da far ritenere insostenibile la prosecuzione del rapporto locatizio, deve considerarsi illegittimo il recesso esercitato dal conduttore stante la carenza dei gravi motivi richiesti dalla legge: con conseguente diritto del locatore di pretendere il pagamento dei canoni relativi al periodo di preavviso di disdetta previsto dalla legge o dal contratto medesimo.

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