Si alla riduzione del canone se l’immobile è affetto da vizi

A norma dell’art. 1578 del codice civile, “Se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere, senza colpa, ignorato i vizi stessi al momento della consegna”.

 

La norma mira a garantire al conduttore il godimento pieno di un bene (l’immobile locato), integro e non difettoso, e gli eventuali difetti possono legittimare la risoluzione o la riduzione del prezzo dovuto.

 

Qualunque sia la domanda giudiziale dell’inquilino (riduzione del prezzo o risoluzione del contratto, oltre all’eventuale risarcimento), è quindi necessario rivolgersi al giudice per ottenere giustizia.

In mancanza di detto percorso, una riduzione potrà essere ammessa solo previo accordo con il locatore o solo nell’ipotesi in cui vi sia un’impossibilità totale di godere del bene.

Una riduzione arbitraria del canone, pertanto, non è mai ammessa e, se attuata, costituisce un esercizio arbitrario ed illegittimo delle proprie ragioni.

Tale principio è stato recentemente confermato dalla sentenza del Tribunale di Milano n. 12427/16, secondo cui il conduttore, in caso ad esempio di infiltrazioni, non ha il potere di ridurre o di sospendere il canone a suo arbitrio, anche se tali problemi riducono l’utilizzo dell’immobile.

Se ciò dovesse accadere, infatti, il proprietario potrebbe procedere allo sfratto per morosità (per inadempimento contrattuale) ed intimare, pertanto, l’inquilino ad abbandonare la casa.

Nonostante l’inquilino abbia diritto ad uno “sconto” del canone, questi dunque non potrà sospendere il pagamento o determinarne arbitrariamente la riduzione. Difatti, nel nostro ordinamento, tale possibilità è percorribile solo laddove l’immobile sia completamente inidoneo all’utilizzo, ovvero in condizioni così precarie da costringere chi ci abita ad abbandonarlo.

Medesima la posizione giurisprudenziale della Corte di Cassazione: con sentenza n. 18987/2016, ha infatti ribadito che la sospensione del pagamento del canone o la riduzione automatica è legittima solo se i difetti dell’immobile sono tali da renderlo completamente inidoneo all’uso, quindi solo se il conduttore è costretto a lasciare la casa in quanto non più vivibile.

Se invece l’inquilino non lascia l’immobile ma continua ad utilizzarlo, allora l’eventuale omesso versamento del canone (anche parziale) costituirà motivo di “inadempimento contrattuale”.

Solo il giudice “ha il potere di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti e quindi di disporre la riduzione della prestazione contrattuale del conduttore”. L’eventuale omesso o parziale pagamento del canone legittima il proprietario ad attivare la procedura di sfratto.

 

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